Disfunzione del retromero nella sclerosi laterale amiotrofica (SLA)

 

 

GIOVANNI ROSSI

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XIX – 02 luglio 2022.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE/BREVE AGGIORNAMENTO]

 

Il retromero è un complesso eteropentamerico di proteine che svolge un ruolo importante nel riciclaggio dei recettori transmembrana, dagli endosomi alla rete trans-golgiana o Trans-Golgi Network (TGN); tradizionalmente considerato per la sua fisiologica partecipazione al trasporto e al traffico delle proteine endosomiali, ma più di recente studiato anche in rapporto alla patologia della malattia di Alzheimer, è stato indagato per un suo ipotetico intervento nella patogenesi della sclerosi laterale amiotrofica (SLA).

La sclerosi laterale amiotrofica, la malattia del motoneurone che conosciamo nelle forme familiari, per le quali la ricerca genetica ha stabilito importanti punti fermi, e nelle forme sporadiche, per le quali gli interrogativi eziopatogenetici senza risposta sono ancora prevalenti, ha un inesorabile decorso progressivo con interessamento dei muscoli della respirazione ed esito fatale. Per tale ragione, lo studio di ogni aspetto della sua patologia molecolare rimane di estrema importanza.

Eduardo J. Perez-Torres e colleghi, sulla base di evidenze pregresse, hanno condotto un’indagine sperimentale sul retromero nella SLA, evidenziando che questo complesso, che ha un ruolo cruciale nel trasporto e nel traffico delle proteine endosomiali, in questa malattia presenta un evidente e grave difetto funzionale. I ricercatori hanno rilevato che l’espressione del retromero in un modello murino della malattia aggravava il fenotipo paralitico, mentre la riduzione dell’espressione del retromero otteneva un benefico effetto opposto.

Lo studio ha fornito elementi significativi per dedurre un ruolo del retromero da approfondire, sia per una migliore comprensione della patogenesi sia per ipotizzare nuove strategie terapeutiche.

(Perez-Torres E. J., et al., Retromer dysfunction in amyotrophic lateral sclerosis. Proceedings of the National Academy of Sciences USA 119 (26) e2118755119 Epub ahead of print doi: 10.1073/pnas.2118755119, 2022).

La provenienza degli autori è la seguente: Department of Pathology e Cell Biology, Columbia University Irving Medical Center, New York, NY (USA); Center for Motor Neuron Biology and Diseases, Columbia University Irving Medical Center, New York, NY (USA); Department of Neurology, Columbia University Irving Medical Center, New York, NY (USA); Computational Biology, New York Genome Center, New York, NY (USA); Center for Genomics of Neurodegenerative Disease, New York Genome Center, New York, NY (USA); NYGC ALS Consortium, New York, NY (USA); Department of Neuroscience, Columbia University, New York, NY (USA).

Un’introduzione alla SLA per il lettore non specialista è preceduta da qualche aggiornamento. Per le più recenti acquisizioni sugli astrociti nella patologia della SLA si vedano le nostre due recensioni di lavori pubblicati quest’anno. A proposito della tossicità degli astrociti nella sclerosi laterale amiotrofica (SLA), lo scorso 19 marzo Diane Richmond scriveva: “Lo studio di Cristian Arredondo e colleghi ha finalmente identificato nel fosfato inorganico un fattore letale per le cellule nervose di moto del sistema nervoso centrale”[1]; infatti, avevano rilevato che gli astrociti derivati da iPSC con mutazioni quali SOD1, TARDBP, C9ORF72 responsabili di malattia del motoneurone, presentavano livelli abnormemente elevati del biopolimero a carica negativa poliP. Questo polifosfato inorganico intracellulare sembrava dalla sperimentazione il fattore principale dell’azione tossica degli astrociti sui motoneuroni nella SLA, ma non l’unico.

Uno studio condotto da Akshata A. Almad e numerosi colleghi ha identificato gli emicanali formati dalla connessina 43 (Cx43, da connexin) quale mezzo attraverso cui passa la tossicità per i motoneuroni mediata dagli astrociti e si diffonde la malattia. È importante sottolineare che questa mediazione della Cx43 è stata identificata quale meccanismo comune alle forme familiari ereditarie e alle cosiddette forme sporadiche[2].

Ricordando che fin dal 2010 si conoscono meccanismi comuni a forme sporadiche e familiari[3], qui di seguito si riporta una sintesi introduttiva alla SLA, tratta da un nostro articolo precedente:

“La sclerosi laterale amiotrofica (SLA o ALS nell’acronimo inglese), descritta per la prima volta dal neurologo francese Jean-Martin Charcot nel 1869, è la forma più comune di malattia del motoneurone dell’età adulta, che evolve rapidamente in pochi anni dall’insorgenza di sintomi quali debolezza ingravescente degli arti, atrofia muscolare e spasticità. L’atrofia e la paralisi muscolare sono la conseguenza della degenerazione dei motoneuroni del midollo spinale e del tronco encefalico, la cui distruzione priva di tono, trofismo e riflessi i muscoli, compromettendo progressivamente le abilità motorie degli arti, la fonoarticolazione e la respirazione. La spasticità, che complica ed aggrava il quadro, è conseguenza della perdita dei neuroni motori della corteccia cerebrale. Infatti, il processo patologico interessa sia i motoneuroni superiori, sia quelli inferiori del sistema nervoso centrale, evolvendo attraverso una serie di stadi che influenzano la dimensione, la forma, il contenuto, il metabolismo e la fisiologia di queste cellule. Non si conoscono ancora le cause della SLA sporadica, che riguarda il 90-95% delle persone colpite, mentre per i casi familiari (5-10%) già in passato sono stati descritti specifici mutanti per almeno quattro forme ereditarie: ALS1, associata a SOD1 (Bruijn et al., 2004; Bruijn et al., 1998; Bowling et al., 1995; Borchelt et al., 1994; Rosen et al., 1993), ALS2 alla alsina (Yamanaka et al., 2003; Hadano et al., 2001; Yang et al., 2001), ALS4 alla senataxina (Chen et al., 2004; Moreira et al., 2004), e un’ultima forma è stata messa in relazione con una mutazione nel gene per una subunità della dinactina (Valee et al., 2004; Puls et al., 2003). Nonostante la bassa incidenza delle forme familiari, lo studio su modelli sperimentali di SLA ereditaria si sta rivelando molto importante per la comprensione della patologia anche delle forme sporadiche.

Si stima che all’incirca il 15-20% dei pazienti con forme ereditarie di tipo autosomico dominante, ossia circa il 2% di tutti i casi di SLA, presenta mutazioni nel gene situato sul cromosoma 21 che codifica l’enzima citosolico rame/zinco superossido dismutasi 1 o Cu/Zn SOD1 o semplicemente SOD1, un polipeptide di 153 aminoacidi che, come omodimero, catalizza la conversione di O2- in O2 e H2O2. La malattia con questa eziologia è denominata sclerosi laterale amiotrofica 1. Sono state descritte più di 100 mutazioni di SOD1 in grado di causare forme autosomico-dominanti; l’unica eccezione nota è l’omozigosi D90A SOD1, che è ereditata come recessiva. Varie mutazioni, sparse lungo la struttura molecolare e non concentrate in prossimità del sito attivo o dell’interfaccia del dimero, conferiscono a questa metalloproteasi una o più funzioni tossiche che compromettono l’integrità dei neuroni motori causando lo sviluppo della degenerazione all’origine di forme familiari della SLA1[4].

Il procedere degli studi ha rivelato altre importanti associazioni per le forme familiari[5]: VAPB, che è un ligando per i recettori Eph, è stato associato a SLA e ad atrofia muscolare spinale (AMS) ad insorgenza tardiva, in varie famiglie brasiliane; mutazioni nel gene OPTN (optineurina) sono state scoperte inizialmente in otto pazienti di SLA giapponesi; mutazioni nel gene della VCP (valosin-containing protein) si ritiene possano essere responsabili dell’1-2% dei casi di SLA familiare[6]; infine, l’associazione con due geni implicati nel metabolismo dell’RNA, ossia TDP-43 e FUS.

Quattro anni fa così si concludeva la recensione della scoperta di un meccanismo TDP-43 mediato comune a SLA e demenza FT: “La patologia del poro nucleare è stata riscontrata nel tessuto cerebrale sia di persone affette dalla forma sporadica di SLA sia di pazienti affetti da patologia causata da mutazioni genetiche in TARDBP e C9orf72[7]. I dati emersi da questo studio, per il cui dettaglio si rimanda alla lettura integrale del testo del lavoro originale, mostrano difetti di trasporto nucleo-citoplasmatico TDP-43-mediati, quale meccanismo patologico comune alla SLA e alla demenza FT”[8].

Ricordiamo anche che il ruolo degli astrociti nella SLA è indagato da molto tempo, e già nel 2011 abbiamo recensito uno studio che aveva identificato nella malattia del motoneurone cellule astrocitarie letali per i motoneuroni: “Attualmente si ritiene che i due principali contrassegni patologici della SLA siano la perdita dei motoneuroni e l’astrocitosi reattiva. Gli astrociti disfunzionali contribuiscono alla patogenesi della malattia, inducendo il danno dei motoneuroni e accelerando la progressione clinica. Non è però noto se la progressione della SLA è associata con l’apparire di uno specifico fenotipo astrocitario con potenziale neurotossico. Pablo Diaz-Amarilla e collaboratori hanno isolato da colture primarie di midollo spinale di ratti sintomatici per la SLA un nuovo tipo cellulare, costituito da un astrocita con elementi fenotipici aberranti. […] I ricercatori sono riusciti ad isolare gli astrociti con fenotipo aberrante, che hanno denominato ‘cellule AbA’, dal ceppo di ratti citato, che presenta la mutazione SOD1G93A. L’isolamento si è basato sulla marcata capacità proliferativa e la mancanza di senescenza replicativa che ha consentito un’espansione cellulare oligoclonale per un anno.

È importante notare che le cellule AbA presentavano i comuni markers degli astrociti, incluse la proteina acida della glia fibrillare, la proteina S100β, la glutammina sintetasi e la connessina 43, ma mancavano del trasportatore del glutammato 1 e della glicoproteina NG2, marker dei progenitori gliali.

La sperimentazione ha messo in rilievo una straordinaria proprietà delle cellule isolate: gli astrociti neonatali SOD1G93A sono in grado di indurre la morte dei neuroni motori, ma le cellule AbA secernevano fattori solubili in grado di determinare la morte dei motoneuroni con una potenza 10 volte maggiore”[9].

Torniamo ora allo studio di Eduardo J. Perez-Torres e colleghi della Columbia University di New York, qui recensito. Il difetto fondamentale nel retromero identificato da questi ricercatori è consistito sostanzialmente in una riduzione delle proteine appartenenti a questo complesso molecolare, sia in pazienti affetti da SLA, sia nei modelli sperimentali della malattia. In particolare, in persone affette dalla malattia del motoneurone, sono stati rilevati i difetti di VPS35 (vacuolar protein sorting 35), VPS26A (vacuolar protein sorting 26A), e VPS29 (vacuolar protein sorting 29), che i ricercatori hanno registrato anche in topi transgenici (Tg) esprimenti il mutante G93A della superossido-dismutasi 1 (SOD1).

Tale riduzione era accompagnata da un abbassamento del livello della subunità acido α-amino-3-idrossi-5-metil-4-isossazolpropionico del recettore GluA1, un proxy della funzione del retromero, nel midollo spinale dei topi Tg SOD1G93A.

Eduardo J. Perez-Torres e colleghi hanno allora provato a correggere il deficit di una proteina del retromero nel modello murino Tg SOD1G93A, utilizzando un vettore virale esprimente il gene Vps35. Il risultato è consistito nell’accentuazione del fenotipo paralitico del topo. Coerentemente, l’esperimento inverso di abbassamento dei livelli di Vps35 ha comportato il miglioramento del fenotipo paralitico dei topi.

Alla luce di questi risultati, gli autori dello studio propongono che le lievi alterazioni nel retromero modulano inversamente la propensione alla neurodegenerazione nella SLA.

Per parte nostra, rileviamo la necessità di proseguire la ricerca approfondendo ogni aspetto del rapporto retromero-neurodegenerazione e definendo i meccanismi molecolari che contribuiscono ai processi patogenetici.

 

L’autore della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Giovanni Rossi

BM&L-02 luglio 2022

www.brainmindlife.org

 

 

 

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[1] Note e Notizie 19-03-22 Identificato il meccanismo di tossicità per i motoneuroni in SLA e demenza FT.

[2] Note e Notizie 02-04-22 Cx43 nella tossicità degli astrociti nella SLA.

[3] Uno studio del 2010 ha identificato un meccanismo SOD1-dipendente che sembra essere comune alle forme sporadiche e familiari (v. Note e Notizie 30-10-10 Nella sclerosi laterale amiotrofica (SLA) SOD1 normale e mutante condividono conformazione aberrante e via patogenetica).

[4] Note e Notizie 31-03-12 Nella sclerosi laterale amiotrofica un anticorpo riconosce forme tossiche di SOD1.

[5] Anche fattori angiogenici sono stati associati alla SLA: mutazioni nell’angiogenina (ANG), ad esempio, sono state associate a casi sporadici e familiari della malattia del motoneurone.

[6] Wong P. C., et al. Motor Neuron Diseases in Basic Neurochemistry (Brady, Siegel, Albers, Price, editors-in-chief), Ch. 45, pp. 801-814 (cit. p. 806), AP Elsevier 2012.

[7] Vedi in Note e Notizie 08-10-11 Il difetto genetico responsabile di SLA e DFT identificato sul cromosoma 9p21.

[8] Note e Notizie 20-01-18 Scoperto un meccanismo legato a TDP-43 per la SLA e la demenza FT.

[9] Note e Notizie 29-10-11 Astrociti aberranti e paralisi nella SLA.